DISTANZA

1500 Km

DIFFICOLTA’ (1-10)

8

GIORNI

17

HIGH POINT

4200 Mt

TREKKER

Pietro Ienca
Luigi Chiurchi

kirghizistan

Un’esplorazione nel cuore dell’Asia centrale

Il Kirghizistan (Kyrgyzstan in lingua locale) è un paese di cui si sente parlare pochissimo in Occidente, a causa della sua lontananza geografica, ma anche a causa del suo isolamento dai principali flussi turistici.
Noi di Trip In Your Shoes lo abbiamo voluto esplorare proprio per questo motivo, andando in cerca di una bellezza primordiale che oggi è difficile da scorgere, nella società globalizzata del rumore e dell’affollamento.

Il Kirghizistan si trova lungo la rotta di quella che è stata l’antica Via della Seta, che allacciava l’Oriente all’Occidente fin dai tempi dei romani. Una superficie pari a quella dell’Italia viene abitata oggi soltanto da circa sei milioni di persone, rendendo il territorio kirghizo perlopiù incontaminato.

Al suo interno si possono trovare montagne che superano i 5000 metri di altitudine – alcune delle quali ancora senza nome – animali in via di estinzione, valloni pressoché inesplorati, steppe e ghiacciai, accampamenti di pastori e rilievi erbosi.

Abbiamo trascorso qui diciassette giorni di viaggio, incastonati tra la catena montuosa del Tien Shan (al confine con la Cina) e i paesaggi quasi alpini al confine con il Kazakistan. Raccontare un territorio così selvaggio attraverso le nostre fotografie e i nostri video è stato un onore e una fortuna, che conserveremo dentro per molto tempo.

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Ma andiamo con ordine.

La spedizione ha previsto due diversi tour all’interno del paese, accompagnati da due guide locali: Timur, di etnia kirghiza, e Fara, di etnia uigura. Una Land Cruiser targata Toyota ci ha trasportato lungo strade impervie e spesso difficili da percorrere. Si è trattato di 1500 km di adrenalina.

Dopo l’atterraggio a Bishkek, che è la capitale e il centro culturale della nazione, abbiamo intrapreso il nostro primo anello, che ci ha condotti attraverso un’area remota al confine con lo Xinjiang, regione autonoma cinese.
Il primo obiettivo è stato il Son-Kul Lake, un lago situato a 3000 metri di quota.
Lì abbiamo dormito in una yurta, tipica costruzione utilizzata dalle popolazioni nomadi degli altipiani dell’Asia centrale. Le componenti di questa struttura erano completamente sostenibili, essendo stato fatto uso di pelli di bufalo, anziché di plastica.

I laghi d’alta montagna non mancano di certo in questa regione.
Uno dei più affascinanti in assoluto è il Kel Suu Lake, a 3500 metri s.l.m.
Le montagne rocciose si tuffano dentro lo specchio d’acqua da ogni lato, rendendo il paesaggio unico. Con il drone abbiamo cercato di catturare la luce timida di quel mattino, dopo aver trascorso la notte in tenda in un clima piuttosto freddo.
L’impressione che si ha osservando il luogo dall’alto è che ci si trovi in presenza di un fiordo.

La pressoché totale assenza di presenze umane garantisce l’insediamento di una fauna piuttosto rara. È stato lì infatti che abbiamo avvistato alcuni nidi di grifone, un rapace capace di raggiungere un’apertura alare superiore ai due metri e mezzo.
Ma non sono stati gli unici animali che abbiamo osservato lungo il nostro viaggio.
A 4200 metri di quota, pochi giorni dopo, abbiamo potuto riprendere infatti alcune Marco Polo sheeps, particolari ungulati che popolano questo tratto delle antiche rotte carovaniere battute dal commerciante veneziano. Se ne possono contare poche migliaia al mondo e rappresentano prede prelibate per gli introvabili leopardi delle nevi.

In un’altra situazione, siamo stati invece deliziati dal passaggio di una mandria di yak, saggiamente amministrata da un pastore a cavallo. Questi bovini, tipici anche della regione tibetana, presentano spesso grosse corna e un pelo particolarmente folto. Nella dieta della popolazione locale, risultano estremamente importanti.

Le valli in cui sono avvenuti questi incontri sono ammantate da un’atmosfera di continua scoperta e di inviolabilità; le zone di confine tra il Kirghizistan e la Cina mantengono ancora riferimenti dell’Unione Sovietica, a partire dai check-point che segnalano la frontiera.
Abbiamo dovuto superarne alcuni, ma in un altro frangente siamo sconfinati superando semplicemente un precario ponte in legno, che oltrepassa l’Uzanggu Kuusk river, utilizzato come confine naturale. Si tratta di zone di sostanziale vuoto geopolitico, dove le creste montuose e la natura dettano ancora i ritmi dell’intera regione.

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E a proposito di montagne, ecco i due giganti che più ci hanno impressionato:

il Dankova Peak e il Karakol Peak. Il primo sfiora i 6000 metri di altitudine (5982 metri s.l.m.), mentre il secondo raggiunge i 5216 mt s.l.m.
Entrambi ci hanno regalato alcuni dei momenti più emozionanti dell’intera esperienza, oltre a diverse riprese video. Per due notti abbiamo pernottato tra i tremila e i quattromila metri di quota, mantenendo i monti come sfondo costante.

Con il calare del sole, abbiamo deciso di accendere un fuoco per scaldarci, ai piedi dei ghiacciai.
Eravamo in quattro. Quattro persone sulla superficie nuda della Terra.
Si è trattato di momenti magici, pregni di vita e di semplicità ritrovata.

Quindi ci siamo addentrati nella provincia di Issyk-kul, una delle più rilevanti a livello paesaggistico.
Nella Karakol Valley, che ospita l’omonimo monte, abbiamo avuto modo di sperimentare l’incredibile potenziale turistico che potrebbe avere l’intera area per gli appassionati di trekking.
Fiumi, neve, crinali e conformazioni rocciose pitturano scene da quadro con costanza, riempiendoti gli occhi di bellezza. Siamo stati anche sorpresi da alcune nevicate, che hanno aggiunto ulteriore poeticità al momento.

In contrasto netto con questi ambienti naturali, ci siamo mossi in seguito in un territorio dai tratti marziani, con la terra rossa scavata dalle piogge e dai venti.
I cosiddetti Forgotten Rivers vanno a riempire i numerosi canyon rocciosi, ogni volta che una perturbazione scarica grossi quantitativi d’acqua. Questo scenario ci ha ricordato l’area di Landmannalaugar in Islanda, che abbiamo avuto modo di esplorare un paio di anni prima.

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La seconda parte del nostro soggiorno kirghizo,

è stata cadenzata da una serie di brevi escursioni a piedi sul versante settentrionale del paese, lungo il confine con il Kazakistan. Qui i profili del paesaggio si addolciscono, con verdi prati dai connotati primaverili che ricordano le nostre Alpi.

Insomma, la varietà di vedute che si possono apprezzare a queste latitudini è sbalorditiva, se si pensa a un paese difficile da localizzare sulla mappa dalle agenzie turistiche internazionali.
Noi crediamo che il Kirghizistan abbia moltissimo da offrire, ma siamo pure gelosi di quanto abbiamo potuto godere, nelle condizioni di assoluta genuinità del maggio 2021.
La speranza è che Bishkek possa intraprendere con decisione un percorso di sviluppo turistico che riesca a preservare quanto di meraviglioso si trovi in questa cornice centro-asiatica. Non è semplice garantire una crescita sostenibile capace di abbracciare il grande pubblico, laddove intere vallate registrano oggi la visita di decine di persone nell’arco di un anno intero.

Quello che abbiamo potuto vedere tuttavia non può lasciarci indifferenti: questo spicchio di mondo ha toccato qualcosa dentro di noi, per l’autenticità selvaggia che ha saputo regalarci.
Per il 2022 ci impegneremo a creare un percorso in collaborazione con tour operator locali, così da poter accompagnare altre persone che vorranno esplorare un angolo di paradiso terrestre.

Nel frattempo, attraverso immagini, video e parole, speriamo di riuscire a trasmettere quanto abbiamo vissuto in questi diciassette giorni di avventura.

  • Il Kirghizistan offre un’incredibile varietà di paesaggi. Essendo però un paese in gran parte ancora selvaggio, occorre affidarsi a guide locali esperte, così da poter esplorare il territorio in sicurezza.
  • Il paese ha una storia antica e poco conosciuta, per secoli la capitale Bishkek ha rappresentato una tappa importante lungo la Via della Seta, che univa Oriente ed Occidente, mettendo in contatto culture, tradizioni, lingue, uomini e merci.
  • Per quanto concerne le strutture ricettive, il Kirghizistan deve investire molto in tal senso. Un’esperienza sicuramente emozionante è quella di dormire in una yurta, una sorta di tenda costruita con pelli di bufalo, utilizzata dalle popolazioni nomadi locali.
  • Carne, verdura e formaggi, questi gli alimenti che compongono gran parte della dieta kirghiza. Abbiamo poi avuto modo di assaggiare il khimhyz, ossia latte di cavallo fermentato. Si tratta di una bevanda tipica del posto.
  • Un viaggio nel Kirghizistan è difficile da organizzare senza avere il supporto di una struttura locale. Noi ci siamo affidati a delle guide del posto, che ci hanno accompagnati attraverso il paese, permettendoci di goderci l’esperienza in sicurezza.
    Vi segnaliamo in tal senso di consultare il sito: https://visitkarakol.com/